Il Trionfo della Morte in Italia
Una serie di affreschi inquietanti adornano l’Oratorio dei Disciplini, un edificio medievale che fu sede dell’ordine dei Disciplini, in val Seriana, a Clusone, in provincia di Bergamo.
Dipinta nel 1485 da Giacomo Borlone de Buschis, la serie di affreschi presenta all’esterno La Signora del mondo (che potete vedere nell’immagine accanto), ovvero la Morte che con un mantello rosso sulle spalle e una corona in testa impone la propria volontà sui potenti. Il sepolcro, sotto i suoi piedi, contiene le salme dell’Imperatore e del Papa. Serpenti, insetti e rospi li circondano, animali simbolo di morte improvvisa.
Ma attorno al sepolcro ci sono anche cardinali, vescovi, re e filosofi, tutti presi nel disperato tentativo di offrire alla morte le proprie ricchezze materiali pur di aver in cambio un prolungamento della propria esistenza terrena. Alla Morte poco importa, però, di questi doni, in quanto essa trascende la vita ed è proprio suo compito portare giustizia. Non solo la morte si rifiuta di accettare i doni, apparendo del tutto indifferente, ma i suoi due collaboratori prendono di mira con le loro armi chiunque osi pregarla per ottenere dei favori. Il cartiglio sopra di loro dice che la Morte colpisce in modo doloroso chiunque offende Dio. In questa chiave la Morte diventa quindi collaboratrice di Dio, colei che porta giustizia ed equilibrio.
Quello dei Disciplini, noti anche come i Disciplinati di Bergamo o dihiplì, era un ordine nato nel XII secolo che mirava, tramite l’autoflagellazione, all’espiazione delle proprie colpe. I Disciplinati indossavano sempre un cappuccio con due sottili fessure per gli occhi. La loro preoccupazione principale era il culto dei morti. Questi “caronti” si occupavano non solo della sepoltura, ma di ogni aspetto che riguardava l’accompagnamento del defunto, incluse le orazioni funebre e le processioni. Pur osteggiati dalla Chiesa della controriforma, raccolsero molti consensi, tanto che l’ordine continuò fino all’Ottocento.
La Signora del mondo esprimeva quindi perfettamente la filosofia dei Disciplini secondo cui i beni materiali erano del tutto privi di importanza, dato che nessuna ricchezza avrebbe mai potuto persuadere la Morte a fare un’eccezione.
Malgrado ciò, il Trionfo della Morte non è legato solo ai Disciplini. Tutt’altro: si tratta di un tema iconografico che con circa trecento esempi troviamo diffuso un po’ in tutta l’aria franco-tedesca e alpina.
Questo particolare tema iconografico ebbe un’ampia diffusione anche per via della peste nera, la grande moria, che tra il 1347 e il 1353 uccise un terzo dell’intera popolazione del Vecchio Continente. Nelle rappresentazioni successive al 1347, il Trionfo della Morte cambia. La Morte non è più quella dei Disciplini, strumento di giustizia divina, ma diventa piuttosto una forza terribile che uccide con una punta di cattiveria.
Quella oggi ospitata al Palazzo Abatellis cavalca una bestia raccapricciante che prende a frecciate papi, monaci e gente più o meno importante, non risparmiando neppure il gentil sesso. Gli unici a essere ignorati, a destra, sono un gruppo di poveri che chiedono alla Morte di essere salvati dalla miseria. La Morte, in modo beffardo, sembra ignorarli del tutto.
Ancora più terribile è la Morte di Pieter Bruegel il Vecchio. L’opera, che ricorda quelle di Bosch, richiama in modo chiaro gli anni della pestilenza. Il paesaggio è infernale, sterile, e ovunque ci si imbatte nella sofferenza e nella distruzione. I cadaveri sono accalcati gli uni sugli altri, i cani si nutrono dei corpi senza vita abbandonati per strada, mentre da destra avanza inarrestabile l’esercito dei morti.
Il Trionfo della Morte è uno dei temi più forti e suggestivi dell’iconologia medievale. Lo diventa in particolar modo dopo gli anni della peste nera, quando la Morte cessa di essere una forza ordinatrice divina e diventa piuttosto un agente del caos.
(Roberto Bommarito)