Notre Dame du Mal, di Alessia Tripaldi
Titolo:
Notre dame du mal
Autore: Alessia Tripaldi
Editore: Delos Digital
Anno: 2015
Prezzo: 3,99 euro
Sinossi:
Per Sara, 17enne leccese, la Signora che compare come un fantasma invitandola a seguirla non è un miracolo, ma una maledizione. Voci di preghiera le riempiono la testa; un santuario di calcinacci e tubi di ferro sorge dalla notte al giorno tra le sue mani; il sangue diventa latte. La Madre Eterna col suo sorriso sempre uguale è la Nostra Signora del Male. Una Commissione Miracoli viene istituita per investigare sui fenomeni inspiegabili legati alla ragazza. Un prete esorcista, una psicologa e un medico si muovono tra le pieghe delle chiese barocche e i corridoi bui di un monastero di clausura, sovrastati dall’ombra del Vaticano, che nasconde una verità millenaria.
La recensione di Nero Cafè:
Credo sia il caso di mettere le mani avanti e dire che chi scrive questa recensione è una cattolica praticante. Magari non tanto praticante quanto sarebbe d’uopo, ma non siamo di certo qui per disquisire delle mie manchevolezze in campo religioso, nevvero?
Se mi sono sentita in dovere e in obbligo di mettere queste famose (e smaltate) mani avanti è perché io non sono una lettrice onnivora. Va molto di moda definirsi in questo modo, ma è un termine (forse inflazionato) che non mi si addice granché. Sono una lettrice affamata, quello certamente. Ma non leggo (per diletto, s’intende) qualunque cosa. Non sono una macchina distruggi-carta e non leggo tutto quello che gli scaffali o il web mi propongono o tentano di propinarmi. Questo libro, ad esempio, non lo avrei mai scaricato, figuriamoci letto.
Per la cover, che pure non invita e non suggerisce una lettura rilassante, e per il titolo che porta. Come a dire: partiamo malissimo.
Proprio in queste ore mi sono capitate sotto mano moltissime foto del mio passato da scout, in particolar modo di una route a Lourdes, uno dei luoghi di culto dedicati alla Madonna più famoso (e bello e scenografico!) che esista. La Madonna di Lourdes, la cui statua è posta all’interno di una grotta, è così come la contadinella Bernadette la descrisse.
“Una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla sui piedi.”
La Signora sorride col capo reclinato, giovane ragazza profumata di fiori, materna e dolcissima, accogliente e caparbia come tutte le donne sanno essere. La Madonna chiede, Bernadette esaudisce, si compiono miracoli e alla sedicesima apparizione la Signora ammette di essere l’Immacolata Concezione.
Ebbene, questo lungo cappello introduttivo per dire che in questo libro non compare niente di tutto questo (scordatevi Madonnine benevolmente sorridenti e angeli biondi e riccioluti con ali soffici alla Leonardo) e che al termine del romanzo ho fatto velocemente due cose: la prima è stata contattare un amico parroco per farmi confermare che il romanzo è assolutamente fantastico (basato quindi sulla fantasia), la seconda è stata scomodare persino Nevio Galeati, scrittore, giornalista, patron del festival Gialloluna Neronotte e, soprattutto (per me), autore della bellissima postfazione al romanzo per scambiare due chiacchiere con lui affinché mi aiutasse a chiarirmi le idee. Ero infatti un poco confusa; il romanzo è buono, non ci sono dubbi.
L’autrice, che è anche una sceneggiatrice (e questo non può che giovare al mondo della letteratura in genere), compone una storia che si fa leggere senza nessun tipo di intoppo. Il lessico è ottimo, la costruzione delle frasi perfetto, i dialoghi credibili, i personaggi sono tratteggiati velocemente ma in modo molto efficace, il ritmo è sempre azzeccato, i cambi di prospettiva non infastidiscono ma danno invece risalto tanto alla storia quanto alla scrittura stessa. Prova ne è il fatto che, pur partendo con qualche pregiudizio, non ho potuto fare altro che leggere il libro dall’inizio alla fine col fiato sospeso, riponendo il mio e-reader e spegnendo infine la luce con un peso sul petto (e sul cuore) difficilmente spiegabile. Con una sensazione sulla pelle, insomma, molto simile alla paura. È quindi assolutamente chiaro che il romanzo fa centro, che il plot è buono, e che il tutto – dalla sinossi alla scrittura alla location mistico-barocca che solo una città come Lecce sa regalare – funziona. Tuttavia, nonostante il tema religioso (pensiamo solo al più famoso Codice da Vinci) sia già visto e rivisto (troppo?), questa volta il pensiero da lettrice e da recensionista è che in questo caso si sia voluto strafare, cimentandosi con un argomento (angeli davvero poco angelici, figli di Dio che continuano a piovere sulla terra come se niente fosse e una Madonna borderline) che rischia di fare lo stesso effetto delle unghie sulla lavagna.
Una buonissima prova di scrittura, comunque, che contribuisce a far assumere alla parola horror una miriade di altri sconvolgenti significati. Non sempre facili da digerire.
(Caterina Bovoli)