Lo strano vizio della signora Wardh, di Sergio Martino

Sergio Martino è uno dei registi più importanti, nell’ambito del cinema di genere nostrano. Il suo contributo nel campo del giallo all’italiana conta cinque titoli, il primo dei quali, cronologicamente parlando, è Lo strano vizio della signora Wardh, uscito nel 1971.

Julie Wardh arriva a Vienna con il marito Neil, e subito viene contattata dal suo ex amante, Jean, che vuole ristabilire una relazione con lei. La ragazza però non sembra intenzionata a cedere alle insistenti attenzioni del suo ex, e anzi inizia a frequentare George, cugino della sua amica Carol. Nel frattempo una lunga sequenza di omicidi, ai danni di giovani ragazze, terrorizza la popolazione e mette in ansia Julie, che riceve una telefonata minacciosa dallo stesso killer.

Lo strano vizio della signora Wardh è un thriller caratterizzato da atmosfere sexy, che rappresentano uno degli aspetti peculiari dell’opera del regista: tensione che si mescola a momenti di rilassatezza quindi, così come nello svolgersi della storia si alternano sequenze oniriche, sia sogni che incubi, a scene realistiche, sospese tra tranquillità e perturbante. Due anime che convivono all’interno della stessa storia.

L’elemento principale attraverso cui questo connubio riesce ad arrivare allo spettatore è la cura delle inquadrature e delle proporzioni. Le scene oniriche sono riprese quasi sempre dando uno slancio verticale alle immagini, con inquadrature dal basso oppure dall’alto. Questo aspetto accentua il senso di disagio che filtra naturalmente dagli incubi messi in scena da Martino. I tempi inoltre sono rallentati, quasi dilatati, per permeare ogni immagine della sofferenza percepita da Julie, interpretata da una splendida Edwige Fenech. Questi sono tuttavia elementi che si ritrovano in tutto il film, anche nelle sequenze ambientate nella realtà vissuta dai protagonisti. Basta pensare alla desolazione dei giardini in cui Carol, l’amica di Julie, si ritrova a metà pellicola. Dapprima abbiamo delle inquadrature che ci fanno vedere l’interezza dell’ambientazione, facendo del tutto annichilire la figura della ragazza, che diventa così un sagoma quasi indistinta nel panorama del parco. Successivamente la tensione viene mantenuta con le inquadrature dal basso, che mostrano una Carol sempre più spaesata e spaventata, mentre si muove attraverso i sentieri immersi nel verde. Questi accorgimenti si ritrovano anche in seguito, in particolar modo nella seconda parte del film, ambientata in Spagna, in cui l’allontanamento della macchina da presa ci mostra uno scenario molto ampio in cui i protagonisti vengono addirittura persi dagli occhi dello spettatore.

Le ambientazioni non sono italiane, dal momento che dapprima la vicenda si svolge a Vienna e in seguito ci si sposta in Spagna. Nonostante questo, gli elementi del giallo all’italiana sono ben radicati e riconoscibili: la voce dell’assassino camuffata, l’impermeabile nero, il rasoio, le inquadrature molto ravvicinate che instaurano un legame tra il modus operandi del killer e lo spettatore, e infine la caratterizzazione della città-incubo, elemento tipico dei gialli argentiani.

La protagonista indiscussa è ovviamente Julie Wardh, una donna combattuta e malinconica, in perenne contrasto con se stessa. Jean è il suo passato, un passato che lei vuole evitare del tutto e abbandonare. Neil è il suo presente, stabile e tranquillo, ma anche noioso e trascurato. George è il suo futuro, prorompente e speranzoso. Julie sembra essere un personaggio alla mercé degli eventi e degli altri personaggi, ma in realtà il contrasto tra la sua volontà e quella dei vari protagonisti mostra in maniera evidente come lei sia una donna più forte di quanto sembri, sicuramente più intelligente di quello che si vuole far vedere. Un esempio che chiarisce questo aspetto si può trovare nella differenza di vedute tra Julie e l’amica Carol: un contrasto dal quale la ragazza interpretata dalla Fenech esce vittoriosa. Infine, proprio nel finale, il personaggio di Julie riesce a liberarsi di tutte le catene che la opprimevan;, riesce a ergersi, anche visivamente grazie a una sapiente inquadratura, rispetto a tutto quello che ha passato durante il film, e a ritrovare quella serenità d’animo che andava cercando per tutta la vicenda, anche se a un prezzo altissimo.

(Gianluca Santini)