Dentro la solitudine, verso gli Altri. Amplificazione di un sogno
Nel sogno che segue troveremo un tema classico e importante della simbologia della trasformazione della coscienza, quello della discesa nella via oscura e solitaria per poter incontrare, da qui, l’Altro che è in noi. La narrazione onirica di Gianluca è un passaggio, una tappa in una sorta di cammino di iniziazione all’accettazione di ogni aspetto di sé.
Mi trovo in una località di mare. È buio. Saluto la mia compagna che va a dormire e mi dirigo giù al porto. Ci sono luci, persone, un gran via vai, negozi e chiacchiericcio. Vado sulla spiaggia e mi ritrovo indaffarato ad aiutare un uomo a sistemare la sua barca. Il tipo è molto rallentato e sembra che non capisca i miei discorsi o che per lo meno ci metta troppo tempo per farlo. Alla fine mi esaspero, dico a sua moglie che non posso più aiutarlo e me ne vado. Nel corso illuminato incontro due amici che si mettono a parlare tra loro e appena mi salutano. È tanto che non ci vediamo ma non sono minimamente interessati a quello che ho da dirgli. Cammino tra la gente e mi sento solo, non considerato. Allo stesso tempo è come se tutti mi guardassero proprio come quello che “è solo”, nel senso di senza amici. Mi vergogno e decido di addentrarmi in una stradina buia che si perde tra gli alberi. Nonostante l’ora tarda nel giardino di una casa c’è una persona che sta potando una pianta. Cerco di non farmi notare e mi avvio nella boscaglia accompagnato da sentimenti come sollievo, commozione e il pensiero che forse quando tornerò avrò qualcosa da raccontare.
La situazione iniziale presenta una prossimità con il mare, l’origine, la matrice della vita e della coscienza, e l’oscurità, la dimensione atta a discendere in essa. Gianluca si trova poi davanti al mare stesso, e il suo Io cosciente tenta di permettere a una parte di sé (l’uomo) di sistemare quello strumento, la barca, che consente di navigare, ovvero di esplorare e vivere l’inconscio. Ma l’uomo sembra non comprendere e non saper fare. Questo può alludere a una parte che si percepisce come inadeguata, ma questo tipo di personaggio ha spesso un linguaggio e un mondo propri diversi da quelli del saper fare della coscienza, e che lo rendono più prossimo ad altre dimensioni e, infatti, in qualche accezione è un navigatore. L’io cosciente si trova però ad arrendersi di fronte alle modalità di questa parte e ad allontanarsi, il che sembra indicare una conflittualità con la parte di sé che è bisognosa, lenta, inefficiente, ma che ha comunque il «mezzo» e può muoversi sulle acque dell’anima. L’Io ritorna allora più vicino alle aree coscienti. Il corso illuminato può infatti essere letto come un percorso costruito dagli uomini in cui l’oscurità è tenuta distante da luci artificiali. Gli amici che appaiono sono i testimoni di un desiderio di ascolto e di appartenenza che l’anima porta con sé, e di una necessità da parte dell’Io di sentirsi integrato con altre dimensioni del proprio essere. Ma ciò che l’Io ha da dire non è ancora qualcosa del genere che gli Altri interiori possano voler ascoltare. Giunge allora un’esperienza di rifiuto e di solitudine, in cui l’Io percepisce gli sguardi dell’anima su di sé come giudicanti rispetto a questo ascolto mancato. In un primo momento questo sembra un passaggio «negativo», ma ancora una volta possiamo renderci conto di come non ci sia spazio per il dualismo e il giudizio nell’anima. Grazie a questo apparente rifiuto, infatti, l’Io è spinto a imboccare un cammino nell’oscurità e ad avvicinarsi al profondo. Come a dire che solo dopo aver calpestato la Terra delle Ombre gli Altri interiori potranno essere avvicinati. Evitando di farsi notare da chi pota una pianta, ovvero dalle strutture psichiche di asservimento dell’energia. Il sogno si conclude con la sensazione che grazie a questo passaggio ci sarà non solo un sollievo, ma anche «qualcosa da raccontare», ovvero un magma emozionale vivo che possa interessare agli Altri, ed entrare dunque in risonanza con istanze importanti del Sé.
(Stefano Riccesi)