World War Z, di Marc Forster

Di film sugli zombie ne hanno fatti a dozzine. Di film sugli zombie adatti a un pubblico ampio, under 13 compresi, non molti. World War Z nasce come progetto di ampio respiro, rivolto a tutti, bambini compresi. Sì, perché in America il film è stato ristretto ai soli minori di 13 anni. A differenza dell’Italia, dove il limite è stato elevato a 15. Cosa che mi fa letteralmente sorridere visto che, al cinema, accanto a me erano seduti genitori coi figli piccoli in braccio. E quando dico piccoli intendo 4-5 anni. Gente a cui togliere la patria potestà per incapacità di intendere e di volere.

Ma sorvoliamo.

Direte che è assurdo consentire la visione di un film così a un tredicenne, considerando che ci saranno squartamenti, intestini spappolati, teste mozzate, sangue che sprizza… Niente affatto.

Queste scene, semplicemente non ci sono. O meglio, si lasciano immaginare, ma non vengono mai riprese. Persino quando a Brad Pitt si incastra l’ascia nel cranio di uno zombie appena ammazzato, la telecamera indugia su di lui, anziché sulla cosa incastrata. Il che è emblematico, ci comunica immediatamente che quello che stiamo guardando non è un horror, ma un film diverso.

Soprattutto, WWZ è un action, in barba al libro da cui è tratto, dal titolo omonimo – per l’esattezza World War Z: An Oral History of the Zombie War – di Max Brooks, scritto in forma epistolare. Mentre nel romanzo il protagonista ricostruisce gli eventi accaduti tramite interviste, nel film lo stesso personaggio è impegnato in un’indagine sulla ricerca di un modo per scongiurare l’epidemia mortifera.

Purtroppo, quello che doveva essere il punto di forza del film, ovvero il carattere epico della storia -Pitt viaggia a lungo, muovendosi in tre continenti diversi – risulta insipido, finisce per scontrarsi con una serie di pecche di non poco conto. Tanto per cominciare, fatto salvo il rapporto tra Pitt e la moglie, nel film quasi non parlano tra loro, comunicano il minimo indispensabile e quasi mai dei loro trascorsi o fatti personali.

Nel film, l’obiettivo è il virus, e quello persegue, anche calpestando aspetti più interessanti, come il rapporto tra Pitt e la soldatessa assieme alla quale fugge da Gerusalemme, iniziando la fase calda della sua ricerca. Senza questo personaggio, interpretato da un’intensa – e sconosciuta – Daniella Kertesz, la sua missione sarebbe finita male. Buona prova anche per Pierfrancesco Favino, nel ruolo di un ricercatore che aiuta l’agente a recuperare un importante virus da un laboratorio infestato da zombie; peccato solo che sia stato sfruttato poco e male

Un plauso invece alla colonna sonora incalzante di Marco Beltrami, che non ti molla un attimo e ti tiene dentro alla storia. Forse l’unica cosa a farlo veramente.

Qui potete guardare il trailer.

Nel complesso, un film che non aggiunge niente di nuovo al tema zombie. O meglio, lo farebbe anche – l’idea finale, grazie a cui si capisce come arrestare i morti, a mio avviso funziona – ma l’esecuzione a target allargato ha restituito solo in parte le promesse di questo bel potenziale.

Due coltelli.

(Daniele Picciuti)