Un Caso Come gli Altri, di Pasquale Ruju

Un Caso Come gli AltriPasquale Ruju
E/O Editore – 256 pagg., 16 Euro

Nella sala interrogatori di un commissariato del torinese due donne si fronteggiano drammaticamente. Una è Annamaria, la vedova  di un boss della ‘ndrangeta insediato da anni nel nord est italiano. L’altra è Silvia, il PM che ha svolto le indagini sulla cosca capitanata dal suo defunto marito. Qualcosa è andato storto, il boss è stato ucciso e ora Annamaria viene interrogata per comprendere come sono andate le cose. Il dialogo tra le due donne ricostruisce la storia personale di Annamaria, in cui si intrecciano amore e criminalità organizzata, partendo dalla Calabria rurale degli anni ’90 fino alla provincia piemontese, cercando di svelare il mistero della tragica morte del marito di Annamaria. Un confronto che si fa via via sempre più difficile sia per Annamaria che per il giovane PM che la sta interrogando…

Il romanzo d’esordio di Pasquale Ruju è una storia che si legge tutta d’un fiato, che sa calamitare ma soprattutto appassionare. Merito in primis di uno stile che sa essere asciutto e allo stesso tempo coinvolgente, con il giusto ritmo narrativo. Un romanzo in cui l’uso del flashback la fa da padrone, in cui il tragico epilogo della storia è noto sin dall’inizio, anzi è il punto di partenza della narrazione, ma ciò che calamita l’attenzione del lettore è il ripercorrere dall’inizio le storie di Annamaria, di Marcello, il defunto marito, e degli altri personaggi più o meno comprimari (ma tutti ben tratteggiati, anche quando con poche pennellate, o meglio, frasi), in un intreccio vivido e realistico che si dipana lungo vent’anni di vita, partendo dalla Calabria più profonda e rurale fino a Torino, tra capimafia calabresi, broker londinesi e cecchini dell’Est, descrivendo l’evoluzione di determinate dinamiche socio-criminali del Paese. Si finisce inevitabilmente per affezionarsi ed empatizzare non solo con Annamaria e la sua difficile e precaria situazione, ma anche con Marcello, personaggio a prima impressione brutale e negativo, ma dotato non solo di una carnale passionalità ma anche di un codice di lealtà e onore personalissimi che impedisce di vederlo ritratto solo a tinte fosche e ombre. Del resto una delle caratteristiche da me maggiormente apprezzate della letteratura noir è proprio la capacità di utilizzare la narrazione del “fait noir”, della vicenda criminosa, come spunto per indagare in modo impietoso ma senza pregiudizi sulla natura umana. Si empatizza e si soffre per i protagonisti a causa del senso di precarietà che aleggia in ogni momento delle loro vite, e per l’epilogo tragico di questa vicenda, anche se lo conosciamo sin da subito. Di cui il lettore si aspetta, tutt’a lpiù, di leggere i dettagli marginali. Ma proprio nelle ultime pagine Ruju cala un colpo di scena che è un vero e proprio asso di bastoni che è in grado di ridiscutere tutto il senso della storia e le motivazioni dei protagonisti, senza tuttavia barare con il lettore, che infatti non si sente tradito. Né risulta tradito il senso della storia, anzi viene data una svolta interessante alla psicologia dei personaggi principali. Bel romanzo d’esordio davvero, 256 pagine che si mandano giù senza quasi accorgersene, come un saporito vino rosso calabrese,  ma che, come quest’ultimo, possono darvi alla testa.

Voto: 4 coltelli

(Vincenzo Barone Lumaga)

terzo occhio 4 coltelli