Pavlov’s dogs, di D.L. Snell e Thom Brannan
L’idea di fondo mi ha colpito immediatamente, licantropi inseriti in una apocalisse zombie? Cool!
E devo dire che, a ben vedere, non si tratta dei classici lupi mannari, quelli del romanzo sono infatti soldati addestrati, assoggettati a un esperimento grazie al quale possono trasformarsi, a comando, in grossi lupi su due zampe dalle straordinarie capacità rigenerative. In realtà, più che in lupi essi mutano in Cani – ed è così che vengono chiamati da tutti, scienziati compresi – hanno una loro gerarchia di branco che dovrebbe garantirne l’efficienza – dico dovrebbe a ragione – e un codice d’onore radicato nel profondo.
Purtroppo, però, non tutti i Cani sono stati un successo dal punto di vista dell’esperimento e va da sé che l’unico venuto fuori male diventerà la pecora nera che porterà il branco allo sfaldamento. Se poi ci si mette anche l’ego di un ricercatore arrogante e pieno di sé, capite bene che per gli umani non potrà finire molto bene.
Così, tra zombie e Cani – un’arma a doppio taglio, è il caso di dirlo – il gruppo di sopravvissuti dovrà fare affidamento sulle proprie forze per scampare all’inevitabile massacro.
Un romanzo che si fonda soprattutto sull’azione, cruenta al punto giusto, e su un soggetto interessante, che purtroppo risente però di una trama un pochino scontata e di personaggi francamente piatti, di cui gli autori sembrano poco inclini a parlare. Eccetto i due protagonisti, i comprimari sono soltanto nomi da dare in pasto agli zombie.
Nel complesso una lettura gradevole, fluida, supportata da una buona ambientazione che avrebbe però potuto, con una maggiore attenzione per i personaggi e la loro psicologia, rendere di più. Consigliato agli amanti di zombie in cerca di una storia originale.
Tre coltelli.
(Daniele Picciuti)