Marrowbone, quando la famiglia è tutto

Marrowbone è un film a metà fra il thriller e l’horror diretto da Sergio G. Sanchez, conosciuto soprattutto per le sue doti da sceneggiatore (per citare due titoli illustri: The impossible e The orphanage). In questa pellicola, di cui è ancora una volta autore,  si destreggia in modo egregio anche come regista, dando risalto a un tema cui sembra molto legato (almeno a giudicare dagli altri suoi soggetti), ovvero la famiglia.

I Marrowbone sono questo, una famiglia. Composta da una madre e quattro figli, tutti in fuga dalla misteriosa figura del padre, di cui solo in seguito e a poco a poco verranno svelate le tremende azioni e l’indole tutt’altro che benevola. Astuto il salto temporale che c’è dopo i primi minuti del film, uno stratagemma interessante che, andando avanti, si tende a dimenticare o quanto meno ad accantonare, finché nel finale tutto torna ad avere senso e il cerchio si chiude con maestria.

La storia in soldoni: i Marrowbone, composti da una madre (Nicola Harrison) che non sta molto bene e i suoi quattro figli Jack (Geroge Mackay, visto in 1917 e Capitan Fantastic), Billy (il Charlie Heaton di Stranger Things e The New Mutants), Jane (Mia Goth, vista in Suspiria e La cura del benessere) e il piccolo Sam (Matthew Stagg) fuggono lontano dalla loro vita precedente e dalla figura del padre (Tom Fisher), del quale nessuno parla ma di cui tutti hanno il terrore. Durante una passeggiata nei boschi incontrano Allie (una sempre brava Anya Taylor-Joy, la Regina degli Scacchi nonché interprete di Split, Glass e The New Mutants), una giovane insegnante che è anche la loro vicina di casa, o forse dovremmo dire “di terreno” visto che, da una casa all’altra, comunicano con le luci tramite codice morse. Nel cast anche Kyle Soller, nel ruolo di Porter, avvocato dei Marrowbone al corrente di tutta la faccenda e spasimante di Allie.

Dopo la morte prematura della madre, i ragazzi, ancora minorenni, obbedendo alle sue volontà, la seppelliscono in giardino e fingono – nei confronti del resto del mondo – che lei sia ancora viva, in modo da rimanere insieme e non rischiare di essere separati dai servizi sociali. Col proseguire della storia, capiamo subito che nella casa qualcosa non va. I ragazzi parlano di un misterioso fantasma e si sentono strani rumori provenire dalla soffitta. Lo spettatore fatica a raccapezzarsi, ma scopriremo presto che questa condizione è voluta dall’autore, in quanto le cose non sono ciò che sembrano e, anche quando una lampadina s’illumina nella testa facendoci immaginare cosa può esserci dietro… qualcos’altro ci fa rimuginare, suggerendoci che non può essere. E invece è.

Buone atmosfere, una musica all’altezza e una fotografia eccellente contribuiscono alla buona riuscita del film. Non aggiungiamo altro per non fare i guastafeste. Il film è godibile e merita di essere visto anche se, a tratti, rallenta forse un po’ troppo.

Tre coltelli e mezzo.

(Daniele Picciuti)