La traccia della sirena, di José Luis Correa

Tornano le indagini di Ricardo Blanco, investigatore privato della caldissima Las Palmas nato dalla penna di José Luis Correa, autore che ha fatto del noir la sua arma vincente.

Stavolta Blanco è alle prese con un delitto efferato. Su una spiaggia viene ritrovato il corpo diviso a metà di una giovane donna. Diviso a metà significa che il corpo rinvenuto è tale dalla vita in su mentre le gambe sono scomparse. Da questo particolare nasce il titolo peculiare di questo volume. Come nei precedenti due episodi, la scrittura è fluida, i dialoghi efficaci, anche quando non vengono rappresentati da segni di dialogo ma sono amalgamati nella narrazione, con una tecnica particolare che, dobbiamo ammetterlo, potrebbe non piacere.

Eppure tutto funziona egregiamente. Il modo di narrare di Correa/Blanco arriva dritto al soldo, sempre. I consigli di Colacho Arteaga sono perle di saggezza che aiutano il nostro a sbrogliare la matassa. L’ispettore Alvarez, al contrario di quanto si possa pensare, è un poliziotto coscienzioso capace di chiedere aiuto a Blanco quando è messo alle strette.

Blanco si calerà in un ambiente malsano, fatto di malavita e prostituzione. La “sirena” non sarà purtroppo l’unica innocente a morire ma, ancora una volta, il detective privato metterà tutto se stesso per arrivare a sbrogliare la matassa prima che a rimetterci sia un’altra ragazza che si è ripromesso di proteggere, con l’aiuto di Ines, l’infallibile segretaria.

Rispetto ai due libri precedenti, Quindici giorni di novembre e Morte in aprile, questo terzo volume si colloca forse a metà fra i due come intensità. Una spanna sopra il primo, una spanna sotto il secondo, che è a mio giudizio finora il migliore della serie.

In ogni caso, una lettura che consiglio caldamente. Correa non delude mai.

Quattro coltelli.

(Daniele Picciuti)