Il circo delle ombre, di Roger Ellory

“Sono nella tua testa e sono nel tuo sangue, ragazzo. E il sangue è qualcosa da cui non puoi fuggire. In fondo, siamo uguali. Perché io sono tuo padre”.
Midwest degli Stati Uniti, 1958. Il corpo senza vita di un uomo, viene scoperto sotto una giostra, attrazione secondaria di un circo itinerante. È senza documenti, senza portafoglio, senza alcun segno che possa portare a una identificazione. Ed è stato ucciso. Con un solo, deciso, colpo di arma da punta alla base del collo. I sospetti della piccola comunità si indirizzano ovviamente verso gli strani personaggi che compongono il cast del circo, fenomeni da baraccone come tipico dell’epoca, quasi tutti affetti da anomalie fisiche piuttosto particolari. Nani, giganti, polidattili, esseri scheletrici o sovrabbondanti. Di quei personaggi, insomma, più tipici degli incubi che della realtà. Dell’indagine viene incaricato l’agente federale Michael Travis, un giovane e brillante investigatore che, con i sui metodi basati su una attentissima logica deduttiva e, novità per l’epoca, sulla analisi psicologico-comportamentale degli interlocutori, è lanciato verso una brillante carriera. Travis all’apparenza è uomo ordinato, meticoloso, freddo e impersonale. Ma si tratta di un’autodifesa. Dalla terribile ombra del proprio passato, che lo perseguita e con cui deve fare costantemente i conti. Un padre violento, pericoloso, antisociale, ucciso davanti ai suoi occhi, consapevolmente, dalla madre. Riuscirà Travis a dare un’identità alla vittima, a scoprire chi l’ha uccisa e, soprattutto, a essere diverso dal genitore?
Roger Ellory è uno scrittore britannico, non statunitense come verrebbe naturale pensare leggendo Il Circo delle Ombre. Ed è una piccola sorpresa, perché il libro è il tipicissimo romanzo poliziesco americano, nel bene e nel male. Certamente corretto, pulito, esemplare dal punto di vista della trama e dell’esposizione. Di livello indubbiamente superiore alla media, con una introspezione delle personalità piuttosto approfondita, con una cura dei particolari notevole, con elementi oscuri di indubbio fascino sinistro. E una ambientazione spazio-temporale perfetta, che ci trasporta di peso nella scena, spettatori con un punto di vista vicino e privilegiato, sensazione indice di una qualità dell’opera certamente molto elevata. Soprattutto, c’è una morale portante – quanto prendiamo dai geni, magari difettati, dei nostri padri? – che fa pensare, inquieta, agita. Perché ognuno di noi, in fondo, ha un proprio lato mal sopportato che il nostro genitore ci ha lasciato come sgradita eredità. Però, però. È il tipico poliziesco americano. Inamidato, bianco, senza stonature, senza sporcature. E, appunto per quello, un pochino scontato. Con uno schema narrativo totalmente canonico, pur se di alta qualità. Un manuale di tecnica, impeccabile, ma a cui forse manca un pochino il rumore delle unghie spezzate che graffiano una lavagna.
In ogni caso, Il circo delle ombre resta un ottimo prodotto, adatto però soprattutto ai lettori medi, quelli da tre-quattro best seller l’anno, poco assetati di novità.

Tre coltelli e mezzo.

(Giovanni Cattaneo)

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