Incontro con Massimo Bertarelli: l’importanza dello studio prima della scrittura

Ciao e benvenuto nella rubrica Il gatto a nove code.
Pronto? Cominciamo.

1. Il concepimento.
D: Come è nato Rosso d’Ischia?

R: Nel mese di giugno del 2019, durante la mia ultima vacanza ischitana, ritornando dalle fumarole della spiaggia dei Maronti m’intrufolai in cerca di un po’ di frescura nella chiesetta di San Michele a Sant’Angelo. Una volta ritemprato, curiosai nel piccolo cimitero annesso. Avevo già in mente di dare un seguito al primo romanzo della serie, ma l’idea non prese forma quel giorno. A inizio autunno, riguardando le foto scattate all’esterno della chiesa, nella mia mente visualizzai un’immagine, il corpo di un uomo riverso a terra all’interno del cimitero nelle vicinanze di una bella lapide. Mi chiesi chi fosse e che cosa poteva essergli successo. Dopo una progettazione durata qualche giorno, tutta la storia aveva preso forma e iniziai a scriverla.

2. La scrittura.
D: In che modo sei arrivato a dare al romanzo la sua struttura definitiva?

R: La struttura era già definitiva quando la inviai a Nero Press per partecipare alla Black Window aperta nel febbraio del 2020: l’invio lo feci l’ultimo giorno utile. Ciò che non sapevo sarebbe stato definitivo era lo stile usato. In attesa dell’esito della valutazione, iniziai gli studi di narrativa immersiva, princìpi di scrittura al passo con i tempi fondati sulle scoperte delle neuroscienze, e provai a metterli in pratica sul testo inviato. Tutto si è poi concretizzato come speravo: il romanzo superò la selezione e la riscrittura venne approvata e contrattualizzata.

3. I personaggi.
D: Parlaci di come hai gestito i personaggi… o forse loro hanno gestito te?

R: Il mio è il tipico caso di come entrambe le situazioni abbiano contribuito alla loro nascita. Sapevo di creare un gruppo d’investigatori che poteva essere ritenuto una scopiazzatura dei Bastardi di De Giovanni, ma non è per niente così. Prima di tutto nel numero dei protagonisti. Poi l’ambientazione differente. Infine la loro caratterizzazione: le mie sono persone alle prese con gli inevitabili problemi della realtà quotidiana, affrontati però con un diverso approccio nei confronti della vita. Li conoscevo bene già fin dal primo romanzo, ma in corso d’opera mi hanno svelato lati del loro carattere e del loro vissuto che valeva la pena di approfondire, suggerendomi così scritture non preventivate. Ho già definito quale sarà il loro arco di trasformazione nel proseguimento della serie, ma oggi come oggi non ci giurerei che per tutti sarà così.

4. Autocritica.
D: Se dovessi dare un giudizio al tuo romanzo da lettore, che giudizio sarebbe?

R: Questa domanda è cattivella, eh? Vediamo un po’. “Ho letto Rosso d’Ischia e, non essendo mai stato sull’isola, da come l’autore l’ha descritta mi ha fatto venire voglia di trascorrervi una vacanza. Mi sono piaciuti i personaggi che definire soltanto verosimili è limitativo: sono talmente reali che potrebbero essere benissimo i vicini di casa di ognuno di noi. È un giallo scritto con uno stile moderno che mette più in risalto i rapporti umani rispetto alla tecnologia, ci si affeziona ai protagonisti e ci si lascia condurre per mano fino alla fine dell’indagine. Il finale crea la curiosità di scoprire come evolveranno le loro vite”.

5. Il pubblico.
D: Hai avuto un riscontro critico da parte del pubblico?

R: È stato pubblicato da poco tempo, ma i pareri fin qui raccolti sono stati tutti positivi.

6. L’orrore.
D: Cos’è per te l’orrore?

R: L’umanità mi fa orrore. Oggi più che mai è evidente come la storia non abbia insegnato niente: una guerra, in Europa, nel 2022 non è solo una follia, è disumana. Mi fa orrore un’umanità che al soldo del dio chiamato Economia non ha ancora capito che il nostro pianeta è in serio pericolo adesso, e vuole rimediare con accordi, tra l’altro non unanimi, che si concretizzeranno tra 20/30 anni, lasciando in eredità alle future generazioni danni forse irreparabili. Mi fa orrore il crimine, ed è per questo che ne scrivo: mi piace sondare una mente perversa e indagare ciò che induce a delinquere. Mi serve per capire e tenermene alla larga nella realtà.

7. Le tue letture.
D: Quali sono i libri o gli autori che ti hanno formato come scrittore?

R: Dopo oltre cinquant’anni di letture gialle, mi viene davvero difficile estrapolare qualcuno in particolare. Dalle letture giovanili di Agatha Christie, Ellery Queen, Rex Stout, Ed McBain ecc. fino agli attuali Carofiglio, Carlotto, Manzini, De Giovanni, tutti loro hanno contribuito a farmi amare sempre più il genere, a instillarmi la voglia di scriverne anche io. Un pensiero in particolare va però a due autori che rileggo sempre volentieri: Giorgio Scerbanenco e Jean-Claude Izzo.

8. Sconsigli da autore.
D: Hai capito bene. Quali sono i tuoi s-consigli per chi vorrebbe pubblicare per la prima volta?

R: Uno solo, pensare che per scrivere un romanzo non serva studiare, e l’inevitabile conseguenza è che non lo farai al meglio e mancherai di rispetto nei confronti di chi vorrà leggerti. Che negli ultimi decenni il mondo sia profondamente cambiato è evidente, basti pensare a quante cose sono diventate indispensabili, che ci sembra siano sempre esistite eppure meno di trent’anni fa non erano ancora state sognate. Invece, c’è un’arte che fa una gran fatica a evolversi, ad andare al passo con i tempi: la narrativa. Guardati attorno, vai alla ricerca di termini come narratologia, scrittura immersiva, insegnamenti ancora rari in Italia ma gli unici che, non rinnegando il passato letterario che ci ha portato fino a qui, spalancano le porte a un futuro di letture più coinvolgenti.

9. E poi.
D: Quali sono i tuoi progetti futuri?

R: La mia serie di gialli ischitani è a quota due, quelli milanesi pareggeranno il conto l’anno prossimo. È tanta la voglia di continuare a narrare le vicende dei miei protagonisti, sarà però il gradimento del pubblico a influire sulla loro prosecuzione.

Grazie per il tuo intervento e in bocca al lupo per tutto.

(Daniele Picciuti)