Victorian Solstice: I Figli del Pozzo di Carne
Torna la Londra del tardo ‘800, torna l’improbabile coppia di detective Jonas e Jericho, arriva I Figli del Pozzo di Carne, terzo capitolo della saga di Federica Soprani e Vittoria Corelli, Victorian Solstice. Che, coi precedenti episodi, La società degli spiriti e La lega dei gentiluomini rossi, ha regalato due sorprendenti chicche. Eccoci pronti ad affrontare la terza opera, la più complessa, che potrebbe portare tanto a una solida conferma, preludio a una lunga catena di perle, quanto a un deludente calo, preludio a un progressivo inaridimento della spinta iniziale.
Jonas e Jericho si sono uniti. Non in senso fisico, anche se forse uno dei due… no, per ora soltanto in senso strettamente professionale. Il probo ex-poliziotto e l’estroso medium hanno deciso di collaborare. Aprendo un’agenzia investigativa. E il primo caso a loro affidato, ovviamente, è particolare. È scomparso il figlio di due artisti del circo. Da dove iniziare le ricerche? Naturalmente, dall’abisso più profondo. Dagli ultimi degli ultimi, dai reietti, una sorta di corte dei miracoli in salsa British. Una discesa da brividi di terrore. Ma la paura vera non scaturirà da loro, anzi anch’essi vittime. Da qualcuno che va oltre. Oltre il dolore, oltre l’abiezione. Per finire in un pozzo. Un pozzo di carne, ventre metamaterno rovesciato, da dove si entra ma non si esce.
Come previsto, è palese che questa sia la prova del nove. L’esame di maturità, la difficile impresa del confermarsi. Soprani e Corelli tornano all’opera. Fortunatamente il tono torbido, la nebbia di fondo, la cupezza restano. Come confermata è la brillantezza nel creare personaggi così luccicanti, bizzarri, originali ma plausibili. E ovviamente lo scrivere saporito e la creazione delle scene. Però, se si cammina in equilibrio sul confine tra il forte e l’esagerato, tra l’intenso e l’eccessivo, qualche volta si rischia un po’ di incespicare. E, in questo caso, qualche piccola caduta c’è. Qualche extra condimento, oseremmo dire. In un contesto peraltro da brividi. Di paura vera. Che sgorga da un libro come raramente accade. Perché la discesa, la caduta stavolta è davvero all’inferno. Con gustosissime inframmezzature simil-casaVianello in salsa “only man”. Attraverso pagine che, se si superano indenni i piccoli inciampi iniziali, si divorano col fiato sospeso. Penetrando all’interno della mente dell’Uomo Nero. Dove si affollano Loro.
Terza prova superata. Con qualche riserva, dovuta appunto a sporadici, evitabili eccessi, ma senza dubbio superata. Perché la serie di Victorian Solsitce è davvero qualcosa di nuovo, appassionante, gustoso. E mette davvero paura.
(Giovanni Cattaneo)