Una pallottola per il commissario Valtierra, di Sergio Bufano

valtierra“….non ci unisce l’amore, ma lo spavento. Sarà per questo che l’amo tanto!” (da BUENOS AIRES di J.L. Borges)
Buenos Aires. Seconda metà del XX secolo. Periodo duro, drammatico. Il commissario Valtierra è a capo del dipartimento politico. Vive in simbiosi con la sua città, quasi ne fosse una cellula. Non ha scrupoli. Adopera qualsiasi mezzo per reprimere il dissenso. Torture, sangue, umiliazioni, per lui ogni arma è lecita per combattere gli oppositori del regime. Pieno di incrollabili certezze, pieno di sé e delle sue convinzioni. L’inglesito invece è il suo opposto. Viene dalla provincia borghese, è pervaso da ideali, da buoni propositi, da teorie rivoluzionarie. È a capo di un gruppo politico universitario. A un certo punto, però, gli viene chiesto di passare dalle parole ai fatti. Dal pensiero all’azione. Gli viene chiesto di uccidere. E l’inglesito è pervaso da dubbi, la sua coscienza gli morde l’anima. Deve riuscire a capire fino a dove potrà spingersi, se è in grado di arrivare al gesto estremo. Togliere una vita. Quella del commissario Valtierra.
Noir più introspettivo che politico, Una pallottola per il commissario Valtierra di Sergio Bufano esplora le umane convinzioni, forze e debolezze, di persone alle prese con una lotta totale. Siamo nel periodo della dittatura di Jorge Videla, un periodo senza dubbio di grande sofferenza per il popolo argentino, quando davvero la vita delle persone valeva pochissimo. Il testo si sviluppa attraverso i due punti di vista, quello del commissario e quello dell’attivista politico, che guardano il mondo coi loro occhi, con le loro verità opposte. Asciutto, essenziale, quello che colpisce è il ritmo piuttosto posato, riflessivo con cui si sviluppa la trama, come fosse un vecchio tango, dove ogni movimento è lento, silenzioso, una danza macabra tra i destini di due sconosciuti che si vanno ad incrociare in un abbraccio di vita o di morte.
Un’opera certamente valida, ben scritta, equilibrata, ma che forse ha ritmi poco adatti a un pubblico come quello italiano, abituato a intrecci e scenari meno minimalisti.

(Giovanni Cattaneo)

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