Una collezione di cattiverie, di Cristian Sartirana

sartiranaLa paura, quella vera, non ha volto. Non ha forma. Ti avvolge, ti accerchia, ti prende con sé. Ti trascina nel buio, distruggendo le tue certezze. E quello che prima sembrava sicuro, noto, ora è terrore puro. Perché nulla spaventa di più di ciò che è in noi.
In un nuovo ordine sociale, post-moderno, ci possono togliere praticamente tutto. L’intelligenza, l’infanzia, il soffio vitale stesso. È quanto viene immaginato in alcuni dei racconti presenti, ambientati in un futuro molto nero. Plausibile, per quanto terrificante. Dove l’uomo come individuo non esiste più. Diventa asservito, come cellula dipendente facente parte di una struttura più complessa. In altri brani, viene dimostrato come il terrore può assumere le innocenti sembianze di un gatto domestico, o essere trasformato dal peggiore dei mali in qualcosa di affettuosamente proprio, per esorcizzarlo. Un gruppetto di storie è poi dedicata all’autosuggestione. Talvolta, il rimorso di coscienza, l’autoconvincimento di un pericolo, o anche l’ambiente, portano l’enorme mistero che è la mente umana a condannarsi da sola. E non c’è scampo, non c’è redenzione.
Tracce di buone capacità, ma anche un po’ di confusione in questa raccolta di Cristian Sartirana. Che si cimenta nella narrazione regalando brividi in modo intelligente, senza tracimare nell’assurdo o nel troppo violento, ma rimanendo ancorato a ciò che in natura forse è davvero più oscuro di tutto. La mente umana, le sue suggestioni, la sua incontrollabilità. Ed è ammirevole l’insieme immaginato in quei racconti ambientati nel prossimo futuro, abbastanza plausibile da essere asfissiante. Come suggestivi e spaventevoli sono quelli autodistruttivi. D’altro canto, il lettore assiduo resta disorientato dalla assoluta mancanza di un filo conduttore, di più, dalla mancanza di un ordine coerente nel rubricare i racconti, che perlomeno sarebbero potuti essere raggruppati in sottosezioni uniformi. Così, sembra di leggere appunti sfusi, abbozzi di idee poco sviluppate e soprattutto slegate le une dalle altre. Senza personalizzazioni, senza caratterizzazioni, e con stile poco personale.
Benino, adatto a lettori poco assidui che riprendono ogni tanto il libro che hanno sul comodino, leggono poche pagine e poi si addormentano, vinti da una giornata pesante. Oltretutto, a un prezzo un po’ eccessivo.

(Giovanni Cattaneo)