Un delitto molto milanese, di Antonio Steffenoni
Vecchi rancori mai sopiti, nuove invidie già invadenti. Arrivismo, gelosie lavorative e sentimentali. Sono i nuovi valori universali. Gli ingredienti ricorrenti dell’animo umano versione ventunesimo secolo. Quando sembra che sia necessario sovrastare, dominare. E dove ogni empatia è cancellata, dove la sopraffazione, anche violenta, diventa normalità.
Milano, oggi. Il titolare di un’agenzia pubblicitaria, Marcello Luccioli, viene trovato morto nel suo ufficio, colpito alla nuca con uno dei tanti, pesanti trofei collezionati in carriera. Subito, si pensa a due possibili cause scatenanti, sesso e soldi. I due motori più potenti dell’animo umano, generatori infiniti di ambizioni, sogni, sentimenti. Il caso viene affidato al commissario Campos, avidissimo lettore, dal passato devastante, e al suo sagace e pungente vice, Pazzi. I due scavano nel passato e nel presente del Luccioli, fatto di buon vivere, di amori e movimenti finanziari spregiudicati allo stesso modo. In un mondo, quello della pubblicità, dove la verità, forse, non esiste, dove tutto e tutti appaiono prima di essere. E dove una donna sembra essere la manovratrice di tutti i fili. Perché, in fondo, noi uomini passiamo la vita a tentare di aumentare il nostro conto corrente e il nostro potere solo per illuderci di avere le femmine migliori. Che invece non saranno mai di nessuno. Perché cercheranno sempre più soldi e più potere, e chi potrà procuragliene. E noi uomini resteremo accecati, feriti, incompiuti.
Giallo a schema classico, il libro di Antonio Steffenoni. Con un omicida e una cerchia di sospettati perfettamente definita e circoscritta, che appartengono a un insieme ben preciso, l’agenzia pubblicitaria di cui la vittima era presidente e il suo ambito familiare. Un pugno di persone, un pugno di potenziali assassini, tutti con tanta acredine reciproca, evidente e quasi sbandierata. Un elenco di indagabili, sparati forse un po’ troppo a raffica, ma ben tratteggiati, approfonditi in modo che il lettore possa farsi un’idea abbastanza precisa di ciascuno di loro. Certamente ben costruita, meticolosa e totale.
L’impostazione è quasi teatrale, poche e asciutte concessioni ad ambiente e azione, abbondanti e dettagliati disegni di personalità, attraverso i dialoghi, i pensieri, i comportamenti. E la struttura, complessa ma pulita, nonostante in qualche passaggio si faccia fatica a star dietro a certe ricostruzioni troppo da commercialista esperto, tiene il lettore avvinto alla vicenda. Con il fondamentale supporto di qualche spruzzatina di intelligente houmor, sapiente diversivo a una struttura volutamente grigia, narrata con impostazione lessicale essenziale. In questo contesto, è chiaramente decisiva la linearità logica della trama. Obiettivo in gran parte raggiunto. A parte qualche successo investigativo ottenuto con eccessiva semplicità – pare troppo facile ad esempio per gli assistenti del commissario scoprire tutti gli strani giochini fiscali dell’azienda della vittima – tutto ha una sua nera logica. Tutti i pezzi, apparentemente incompatibili, finiscono per incastrarsi perfettamente fra loro. Fino al toccante finale.
Un delitto molto milanese risulta alla fine opera più che discreta, godibile, certamente di non facilissima fruibilità, da bere a lunghe sorsate, leggendolo con continuità e attenzione. Magari durante una lunga attesa, o nelle prime ore della notte, quando la mente è particolarmente vigile e il cuore ancora acceso.
(Giovanni Cattaneo)