Orrori tropicali, di Gordiano Lupi

Caraibi. Isole da cartolina, da vacanze spensierate, odore di mare e di notti brave. Isole dall’aspetto suadente e dall’anima oscura. Poverissime di beni ma ricchissime di spirito. Dove religione e tradizioni, misticismo e animismo, cattolicesimo, santerìa e riti vudù, si mescolano in un crogiolo che crea un unico, indistinguibile approdo spirituale.
È questa l’ambientazione di Orrori tropicali, raccolta di un romanzo breve e sei racconti a firma Gordiano Lupi.

Colonna portante del libro è Il mistero di Encrucijada. Sullo sfondo di una campagna cubana polverosa, disincantata, disillusa, una adolescente si mette a cercare riscontri reali dei lontani racconti, suggestivi e semileggendari, dell’amato nonno da tempo scomparso: un modo per rievocarlo e riviverlo, sulla soglia dell’ingresso nell’età adulta. Risvegliando però antichi sortilegi, terribili maledizioni, disgrazie in serie, in una sorta di “non ci credo ma è vero”, che arriveranno a colpirne gli affetti più cari. Inquietudini notturne, bambole diaboliche, riti antichi e morti inspiegabili trascineranno il lettore verso la resa dei conti, inevitabilmente drammatica e, un pelo eccessivamente, epica.
Le altre storie ci accompagnano attraverso antiche e mostruose leggende, rigenerazioni di zombie haitiane, citazioni di Edgar Allan Poe, monsignori alle prese con riti oscuri. Il tutto con particolare ed efficace attenzione all’aspetto introspettivo del male, visto come nemico interiore da cui occorre affrancarsi in una quotidiana, titanica, spesso impossibile guerra personale, sovente contro se stessi. Il nero, il cattivo, è vissuto costantemente in modo doloroso e sofferto, anche da chi lo compie, quasi suo malgrado.
Ed è proprio questa visitazione della parte oscura di ciascuno di noi, inserita in quel particolarissimo ambiente, dalle radici lontane e ibride, l’aspetto più interessante del libro di Lupi, raccontata con stile martellante, lineare, dritto all’obiettivo, pulitissimo nella propria chiarezza. Le soluzioni narrative, specie ne Il mistero di Encrucijada, sono talvolta un po’ ardite, l’ambiente invece è reso in modo estremamente vissuto, quasi cinematografico, il lettore arriva quasi a sentire il sapore della polverosa campagna in bocca, a vedere il cuore dei personaggi, tristissimi sotto la patina della spensieratezza tipica di quei luoghi, anima caraibica fatta di balli, di sesso, di povertà assoluta, di morte. Ambiente certamente vissuto dall’autore, che riesce davvero a estrarne la più profonda essenza, non omettendo azzeccate pennellate sociologiche, politiche, esistenziali.
Da leggere in un tardo pomeriggio d’estate, sotto un patio assolato o in una terrazza, rilassati, con una bibita fresca vicino. Facendo attenzione a chiudere il libro prima che faccia buio….

(Giovanni Cattaneo)