Omicidi in FM, di Bruno Amatucci
Un colpo in fronte. Una pagina di vocabolario. La lingua lesa. E, soprattutto, nessuna effrazione e nessuna resistenza all’ultimo destino che attende le vittime. Firenze, oggi. Non a caso, patria della lingua italiana. Una serie di omicidi, apparentemente senza motivo, identici nelle modalità, sconvolge la città alla vigilia delle vacanze di Natale. Giulia Palma, brillante e bellissima investigatrice, ha il compito complesso di far luce sugli eventi. È amatissima e ammiratissima guida di una squadra coesa, affiatata, efficiente. Al suo fianco, Marco Guidi, giornalista sportivo romano, vecchio amico di Giulia, capitato in Toscana perché al seguito della nazionale di calcio in ritiro a Coverciano. Ma il caso pare insolubile. Nel contempo, il neopensionato ex presidente dell’Accademia della Crusca si suicida.
Nessi? Inizia una rincorsa frenetica al colpevole, ma per arrivare a una soluzione occorrerà andare al di là delle tradizionali consequenzialità logiche. Servirà ricorrere al “pensiero laterale”, nella risoluzione dei cui enigmi ludici Giulia è maestra, approcciando il problema in maniera indiretta, guardandolo da un’angolazione diversa rispetto a quella apparentemente più ovvia.
Bruno Amatucci, autore romano, scrive questo libro come lodevolissimo pretesto per un’accorata difesa della purezza della lingua italiana, dalle contaminazioni e dallo svilimento propri del modo di comunicare attuale, non solo dello slang giovanile, ma anche di quella che dovrebbe esser la “intellighenzia”, ovvero giornalisti, scrittori, opinionisti. Nulla di più condivisibile, come intento. Peccato però che, alla prova pratica della scrittura, l’opera non metta in mostra nessuna purezza, nessuna costruzione sintattica accattivante e piacevole. La prosa si snoda piatta e inamidata, senza la minima pennellata contestuale, senza musicalità stilistiche, grigia e insignificante. Quasi pedante nella ricercata perfezione, che diventa invece noia e lentezza di scorrimento. Banalità del tipo “se sorridi devono tutti mettersi gli occhiali da sole anche se piove” sono da cioccolatino. I personaggi, poi, bellissimi, intelligentissimi, senza crepe e senza dubbi, paiono dei robot. La polizia, al solito, “brancola nel buio”. Gli indizi decisivi son li, ma all’inizio non vengono nemmeno esaminati (che brillantezza!). Vien quasi da entrare nelle pagine e suggerire la strada! Niente, nonostante i buoni riferimenti agli enigmi di pensiero laterale – la cosa migliore del libro a mio parere – nel complesso non ci siamo.
Purtroppo, nonostante l’intento di partenza sia ottimo, molti sono i punti che non convincono.
(Giovanni Cattaneo)