Nico, di Alex VI
Quando si fanno certi mestieri, si è costretti ad accettare ciò che riserva il fato. Quando si fanno certi mestieri, non è possibile scegliere il cliente ideale. Quando si fanno certi mestieri, spesso, se c’è un peggio che può capitare, si può star sicuri che è quello che toccherà in sorte. Il lavoro è una necessità da cui è impossibile fuggire.
E Nico non è davvero il cliente ideale per un conducente N.C.C.. Tutt’altro. A parte l’aspetto, davvero poco raccomandabile, ma sarebbe anche il meno. Nico è un campionario di sgradevolezze fatto persona. Puzza come una fogna, suda come un caprone, fuma come un turco. Porta su di sé e sotto la suola delle sue scarpe tutto il lerciume del mondo. È arrogante, indisponente, fastidioso. Pretende. E può diventare violento, pericoloso. Soggiogante. Fortunatamente, paga. Per il servizio e per i danni. Clienti così, meglio perderli che trovarli. E invece il povero Conducente a Noleggio della nostra storia si ritrova, quasi senza accorgersene, a diventarne dipendente fisso, autista unico ed esclusivo. Di più. Arriva a consegnargli se stesso. Completamente, immotivatamente. Ostaggio volontario. Ma chi è davvero Nico? Santone o delinquente?
La scrittura di Alex VI, come si firma l’autore di Nico, è assolutamente portentosa, moderna e accattivante. Multimediale, direi. Non solo parole ed eventi. Ma anche, soprattutto, luci, suoni, sensazioni. Una narrazione realista, fuori dagli schemi, assolutamente vera. Perché è così che si pensa, è così che rispondono i sensi. In prima persona, dall’ottica dell’autista da cui è vista la vicenda. Decisamente, un bel modo di scrivere. Totale.
La vicenda. Non si capisce, a lungo, dove si andrà a parare. I personaggi sono caricati, troppo, fino a diventare quasi surreali. E si resta a lungo sospesi, su un confine quasi mistico che separa verosimiglianza e paradosso. Per scelta. Contorni indefiniti, sfumati, quasi abbozzati, per un percorso personale certamente, volutamente illogico ed eccessivo. Anche il lettore resta interdetto. Indeciso, attende di assaporare un qualche retrogusto. Che tarda ad arrivare. Fino a considerare l’opera come un’eccellente confezione dal contenuto oscuro. E con qualche macchia di sporco, certamente, di troppo. Poi arriva l’amaro. Intenso, nonostante tutto. E ci si accorge di voler bene a quegli strani e sporchi personaggi.
Alti e bassi, come sintesi finale. Qualcosa di buono c’è, la scrittura, e anche qualche idea. Che però, forse, va contestualizzata con più efficacia e credibilità.
(Giovanni Cattaneo)