Maledetta Primavera, di Paolo Cammilli

Di solito quando mi accingo a leggere un libro, lo faccio senza preconcetti, senza volerne sapere nulla prima, un foglio bianco tutto da riempire. Stavolta, invece, mi son capitate un po’ di impressioni in anteprima, decisamente negative. E anche il titolo, che sembrava il poco fantasioso riferimento ad una canzonetta anni ’70, non ispirava. Ma spesso quando ci si aspetta poco, arriva la piacevole sorpresa.

La storia ha come centro focale Settimo Naviglio, anonimo e grigissimo paesotto dell’hinterland milanese. Dove personaggi eterogenei scorrono inizialmente paralleli, per poi intersecarsi. C’è il ragazzotto un po’ sfigato ex PR di provincia che ha tentato il grande salto nella metropoli lombarda, due famosi sportivi che frequentano la discoteca del luogo, uno strano commissario francese in pensione, due bellissime e strafottenti ragazze, che passano il tempo a fingersi amiche e a pensare a come accoltellarsi alle spalle, i di loro genitori senza scrupoli né morale. Un fatto di sangue viene però a scuotere l’apparente tranquillità della cittadina, la starlette di turno, ex di entrambi gli atleti, viene sfigurata e quasi uccisa dopo una serata nella discoteca modaiola. E la caccia al colpevole diventa grottesco e drammatico scenario di intense e quanto normalissime storie personali, d’amore, d’amicizia e inimicizia, di vendetta. Inserite nella prospettiva del ventunesimo secolo, dove ci si sforza di apparire, nascondendo ciò che si è davvero. E non sempre è meglio.

Non è esattamente un noir, questa opera prima di Paolo Cammilli. Non solo. È molto, ma molto di più. È una struttura su più livelli. Due chiavi di lettura, una superficiale, che presenta l’opera come un polpettino adolescenziale, ed una più attenta, che ne fa un lavoro arguto e ironico. È una carrellata di personaggi talmente macchiettati da essere assolutamente veri. I due sportivi ad esempio, riconoscibilissimi, danno vita a scenette memorabili. È la descrizione realistica di una storia d’amore normale, intensa, piena di strettoie e di punti di non ritorno, che porta quasi alla commozione nell’ultima frase, degna, esagero, di un “Domani è un altro giorno” versione 2011. Somiglia un po’ a un disco nato per essere tormentone estivo, che quasi per caso riesce talmente armonioso da diventare bellissimo. Una gemma inconsapevole, forse. O geniale. Certo, il revisore si intende poco di francesismi (Fiches e pelouches, non fisch e pelousc). Certo, la soluzione del thriller, invece di dipanarsi man mano, esplode tutta assieme nelle ultimissime 20 pagine, troppo in fretta (per non parlare della pessima impaginazione e dei refusi a iosa, ndr). Inesperienza, peccati di gioventù. Ma per il resto… intanto, finalmente il vero vincitore della vicenda, è il più sfigato di tutti. Finalmente, si scava davvero nei comportamenti sub-istintivi, arrivando a una logica comportamentale tipica della vita vera, non della finzione. E tutto è estremamente e finalmente coerente. Finanche il colpevole, che come ogni giallo degno di questo nome è personaggio presente nel racconto e poco sospettabile.

Assolutamente da non perdere, leggendolo inizialmente quasi di nascosto, come se ci si scoprisse a canticchiare “che fretta c’era….maledetta primavera” sotto la doccia dopo esser stati a un concerto di musica classica. Liberi di ridere, di riflettere, di restare a bocca aperta e… di far uscire un’ultima, dispettosa lacrimuccia.

(Giovanni Cattaneo)