L’eredità di Iside, di Francesco Gioè
Cosa ci fa un pezzo di stoffa pieno di strani disegni all’interno di una Bibbia casualmente rinvenuta in un cimitero di frati, murata e sepolta per centinaia di anni? E quei disegni, disposti in modo apparentemente casuale, cosa significano?
Forse nulla, o probabilmente sono invece il primo indizio di un’affascinante caccia al tesoro, sulle orme di un misterioso frate cappuccino/musicista, condotta per tutto il Mediterraneo da un pungo di agenti segreti appartenenti ai servizi più singolari che esistano: il GRIV (Verdi Cavalieri nel Mondo), che ha deciso di combattere tutte le alterazioni dell’equilibrio naturale del mondo, con cinica risolutezza. Senza scrupoli, senza remore a lasciarsi una scia di sangue come traccia del proprio cammino.
E inizia un’avventura oscillante tra Indiana Jones e Dan Brown, con tutti gli ingredienti tipici: indizi enigmatici, antagonisti che rivaleggiano per lo stesso traguardo finale, belle donne, con in più un senso di umanità all’italiana, con sentimenti, mamme, malinconie, piccole e grandi debolezze.
L’eredità di Iside è piacevole, sorprendente, simpaticamente pieno di richiami visivi, citazioni musicali e letterarie, mescolati in un’apparente caoticità in realtà strutturata, come la cameretta di un’adolescente, vivace e colorata.
Grazie a un filo conduttore moderno e azzeccato, si segue con partecipazione il nevrastenico agente segreto appartenente a una specie di KGB ecologista, sorta di braccio semiclandestino e armato di WWF e GreenPeace, che nel nome dell’ambiente e dell’armonia con la terra, ha licenza di uccidere.
Infarcito, quasi saturo di azzeccate citazioni, storiche, classiche, religiose, psicoterapeutiche perfino, è però alleggerito nella sua lieve osticità da uno scrivere giocoso e allegro. Arrivo a sostenere che, se fosse un pizzico sfoltito della sua quasi eccessiva dottezza, ci sarebbe addirittura materiale per una serie di culto. Perché l’idea, ribadisco, è perfettamente odierna. Il limite? Qualche volta ci si perde nell’arte dello scrivere, allontanandosi un po’ dalla centralità della vicenda romanzesca. Ma il “nostro eroe” pieno di ansie e fobie, vulnerabile, finalmente umanizzato, sufficientemente lontano dal solito invincibile perfetto, è davvero tutto da gustare.
Da non perdere per tutti coloro che apprezzano ironia, stile, freschezza, e riescono a star dietro a vicende che fan quasi da sfondo al gusto del leggere in sé. Magari seduti direttamente sulla nostra grande Madre terra, sotto un albero frondoso (attenzione ai piccioni), accarezzandola con affetto e riconoscenza.
(Giovanni Cattaneo)