Il killer di Formentera, di Giò Trevisan
Eh ma così non vale! Se il primo capitolo di un testo è un estratto di un brano dei King Crimson (non è Islands, come riportato, che è il nome dell’album, ma Lady Formentera), non posso che approcciarmi alla lettura con ottima predisposizione, un sorriso e Robert Fripp su un violoncello dissonante in sottofondo!
Due ragazze. Giovani, spensierate, bionde. Una vacanza a Formentera, in armonia con il loro spirito. Giornate di mare cristallino, nottate festaiole. Fino all’ultima, quella che precede il ritorno. Che per loro sarà l’ultima. Verranno trovate morte, la mattina dopo. Forse avvelenate. Forse. Ma da chi? E perché accanto a ciascuno dei corpi viene trovata una sargantana, la lucertola simbolo dell’isola? Non è facile per il capitano Bugani, a capo del presidio di polizia del posto, venirne a capo. Formentera è l’isola del mare, della natura, del divertimento, non certo teatro abituale di fatti violenti. Per fortuna, il destino fa sì che in suo aiuto sopraggiunga un suo vecchio amico, Bob Lancetti, investigatore privato torinese alle Baleari per seguire le tracce di una rampolla-bene fuggita dalla famiglia. E, in due, si è più efficaci. In due, si riesce a scoperchiare la pentola di una tranquillità solo apparente. Ma, forse, in due si è ancora troppo pochi.
Il Killer di Formentera è il primo romanzo di Giò Trevisan, che le biografie reperibili danno come autore televisivo e sceneggiatore, per la verità senza approfondire. E poco approfondita appare l’opera, certamente scorrevole, tecnicamente abbastanza corretta, ma priva di carattere. Gli incomparabili scenari dove si svolge la vicenda sono appena accennati, in modo poco incisivo ed evocativo. I personaggi, per carità, piacevoli e simpatici, sono ben poco caratterizzati, senza approfondimenti, e anche la trama della vicenda è un po’ debole, senza troppi colpi di scena né sorprese. Gradevole risulta la vena ironica con cui si condisce uniformemente e piacevolmente la pietanza, che peraltro nel suo complesso resta poco saporita. L’impressione è più quella di un dovuto omaggio a un isola splendida, piuttosto che a un genere letterario… noir? giallo? avventuroso? Niente, il primo abbacinante capitolo non è stato sufficiente. Ci si trova davanti a un acquerello su un foglio bianco, con colori anche lieti e solari, ma senza l’intensità di un olio su tela d’autore.
(Giovanni Cattaneo)