La profezia Maya: vista con occhi sbagliati?
La “profezia” dei maya è un argomento di cui si è parlato molto ultimamente, non solo in internet, ma anche in tv, alla radio e ed è stato sfruttato pure da Hollywood con la realizzazione del film catastrofico diretto da Roland Emmerich nel 2012. Ma cosa c’è di vero in tutto questo?
Grazie al fenomeno del calendario solare maya (riportato qui accanto), il movimento New Age ha ripreso vita. Alcuni autori, come Carl Johan Calleman, predicono non tanto la fine del mondo, quanto invece un cambiamento nell’evoluzione della coscienza umana che si rifletterebbe sul tessuto socio-economico del pianeta. Per quanto sia vero che la situazione politica ed economica del pianeta stia attraversando un periodo caratterizzato da forti turbolenze, cambiamenti ancora più significativi si sono verificati in passato – ad esempio con la caduta del Muro di Berlino, o con gli eventi del secondo conflitto mondiale – senza che tali eventi corrispondessero con nessun particolare allineamento cosmico.
Infatti, le teorie che circondano il discorso della “profezia” maya identificano proprio nell’allineamento Sole-Terra-centro della nostra galassia la causa principale della fine del mondo che dovrebbe verificarsi oggi, 21 dicembre del 2012. L’allineamento è reale. Ma la domanda giusta da porsi è: in che modo influenzerà il nostro pianeta?
In corrispondenza della costellazione del Sagittario troviamo il centro galattico, caratterizzato da un buco nero supermassiccio, la cui massa è di 4 milioni di volte superiore a quella del nostro Sole. Durante il solstizio invernale il nostro sole sarà allineato proprio con questo buco nero. Bisogna però prendere in considerazione un fatto essenziale, ovvero la distanza. 28.000 anni luce ci separano dal centro della galassia.
Ciò significa che gli effetti gravitazionali sul nostro pianeta non potrebbero mai essere abbastanza forti da causare qualche cambiamento.
Un’altra ipotesi ancora sosterebbe che sarà invece una tempesta solare a distruggere la nostra civiltà. Nel caso dovesse verificarsi una tempesta solare di notevole entità, i danni al nostro sistema di vita sarebbero incalcolabili, come hanno sottolineato con una certa preoccupazione anche alcuni elementi della NASA. Se è vero che è possibile prevedere l’intensificazione dell’attività solare che segue cicli fissi di undici anni, è altrettanto vero però che è impossibile determinare l’entità delle tempeste solari. Ma soprattutto non esiste alcun nesso evidente fra le tempeste solari e la data indicata dal calendario Maya. L’associazione è stata fatta da alcuni autori moderni, non dalla civilizzazione mesoamericana. Quest’ultima, infatti, non profetizzò nessuna fine del mondo.
Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che non sarà la forza di gravità del buco nero a influenzare il nostro pianeta, ma l’astro Nibiru ipotizzato dall’autore Zecharia Sitchin (che comunque, va detto, non collegava in alcun modo il suo ipotetico pianeta extrasolare con la data del 2012). Al momento, però, i telescopi non sembrano aver individuato alcun pianeta o nana bruna in avvicinamento. A parte ciò, mancano delle basi vere e proprie che colleghino l’approssimarsi di un astro extrasolare con il 2012.
Quella che viene chiamata “profezia” è, in realtà, lo scadere di un ciclo temporale, o b’ak’tun, iniziato nel 3114 a.C. Si tratta di un calendario, quindi, che segnala la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. L’idea di fine del mondo connessa alla data indicata dal calendario è dovuta al nostro modo di concepire il tempo, ovvero come uno scorrere lineare degli eventi. In natura, però, tutto segue un andamento ciclico. La nostra concezione lineare del tempo è dovuta a due fattori principali. L’alienazione dai cicli naturali, dovuta agli ambienti urbani in cui viviamo, e l’influenza culturale giudeo-cristiana. Nella Genesi, in apertura, troviamo scritto: «Nel principio Iddio creò i cieli e la terra,» verso che indica un momento in cui il Tempo inizia. Ciò che ha un inizio, come sottolineava Agostino d’Ippona, deve avere pure una fine: il Giudizio Universale. Ma questo modo di concepire il Tempo non riflette per nulla i ritmi naturali, che sono costituiti invece da stagioni e cicli vitali di piante e animali. I Maya, invece, basavano il loro calendario proprio su questa concezione ciclica. In un sistema ciclico, la fine di un periodo non significa la fine di tutto – come lo è invece il Giudizio Universale – ma solo la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. L’errore da molti commesso, quindi, sarebbe quello di stare interpretando con occhi giudeo-cristiani una concezione del tempo opposta a quella a noi più familiare.
In conclusione è giusto dire che non si può mai essere certi di nulla, nemmeno delle rassicurazioni degli esperti, ma d’altro canto è anche vero che prima di profetizzare la fine del mondo andrebbe raccolta dell’evidenza concreta che giustifichi delle teorie tanto catastrofiste.
(Roberto Bommarito)